Gli opposti si attraggono sostiene qualcuno. Ed è proprio il caso di dirlo quando si parla la nuova campagna pubblicitaria autunno/inverno 2015-16 presentata da Miu Miu, che ha fatto molto scalpore. Sono proprio gli opposti il focus su cui ha puntato la famosa casa di moda del gruppo Prada. Passato, presente e futuro coesistono in questa campagna firmata dal fotografo Jamie Hawkesworth. Come una macchina del tempo che si trasforma in macchina fotografica immortalando frame di tempi diversi e distanti e catapultandoli in un solo frame. La bella e giovane modella e protagonista, Estella Boersma, indossa pullover e giacche con stampe floreali ispirate alla tappezzeria vintage, mentre gli shorts sono estremamente moderni. Gli accessori appaiono come sculture congelate nel tempo e nello spazio: le lussuose borse sono ritratte accanto a semplici oggetti di uso quotidiano. Innocenza e sensualità sono l’altra contrapposizione della campagna fall/winter di Miu Miu. La modella scelta dal brand rappresenta da un lato la freschezza della giovinezza e la purezza, dall’altro l’essere una donna ammiccante e sensuale.
I capi sono un mix di maschile e femminile, seguendo i trend unisex del momento. L’ennesima contrapposizione che Miu Miu sottolinea visibilmente. I concetti di gender e temporalità sono superati, archiviati. “Questa campagna”, spiega la maison, “mette in evidenza l’artigianalità e la ricerca di significato emozionale alla base di questa collezione”.
Una campagna che si pone l’obiettivo di unire il diverso facendolo confluire in un tutt’uno meravigliosamente creato ad arte e che suscita, in chi la guarda, emozioni contrastanti: malinconia del passato, accettazione della modernità e uno sguardo al futuro.
Il fast fashion, letteralmente moda veloce, nasce intorno agli anni ’90. Termine ormai moderno usato frequentemente dai rivenditori di moda che rappresenta la capacità di alcune aziende di immettere sul mercato un prodotto in tempi molto brevi e con un costo molto basso.
Le collezioni di abbigliamento del fast fashion si basano sui alcuni capi dalle grandi maison di moda, cercando di fare una sorta di imitazione con prezzi molto più accessibili, ma con risultati spesso non soddisfacenti.
Come in tutte le cose vi sono i pro e i contro, infatti, entrando in un qualsiasi negozio low-cost non troveremo mai la stessa organizzazione e lo stesso ordine che troveremo entrando in un negozio di Alta Moda o di prêt-à-porter, ma troveremo, invece, capi buttati a caso. Così come non troveremo la commessa che ci servirà e ci darà consigli, ma toccherà a noi fare tutto e trovare il capo giusto. Uscendo da lì con qualche centinaia di euro avremo il guardaroba nuovo con capi che magari assomiglieranno a quelli delle grandi firme ma la qualità non sarà mai la stessa.
Grazie a questa tendenza di moda veloce vengono progettati e realizzati in modo rapido ed economico tantissimi abiti che consentono al consumatore di acquistare vari capi di abbigliamento ad un prezzo inferiore. Questa filosofia di rapida produzione con un prezzo accessibile è utilizzata in grande distribuzione da marchi come H&M, Zara, Mango, Topshop, Primark, Forever 21, GAP e moltissimi altri. Uno dei primi marchi che aveva iniziato con questo fenomeno, legandolo ad un abbigliamento basico di molti colori è stata la Benetton.Credit Photo: fashionbi.com
Tutto questo è stato sviluppato su un modello di produzione denominata a risposta rapida, creato negli Stati Uniti nel 1980 e si è trasferito ad un modello basato sul mercato di fast fashion alla fine del 1990 e la prima parte del 21° secolo.
Zara è stata in prima linea in questa rivoluzione di moda, il loro marchio è quasi diventato sinonimo del termine; è un brand spagnolo di abbigliamento e accessori con sede a Arteixo e Galizia, fondata nel 1975 da Amancio Ortega e Rosalia Mera. Appartenenti al gruppo di moda Indetex anche marchi come Massimo Dutti, Pull and Bear, Uterqüe, Stradivarius, Oysho e Bershka. Si sostiene che Zara ha solo bisogno di una settimana per sviluppare un nuovo prodotto e farlo arrivare nei negozi, rispetto alla media di 6 mesi e lancia circa 12.000 nuovi disegni ogni anno. La strategia più insolita del brand è stata forse la politica di pubblicità a zero, infatti, la società ha preferito investire una percentuale dei ricavi per l’apertura di nuovi punti vendita piuttosto che inverstirli nella pubblicità; in netto contrasto con il marchio Benetton, che da sempre ha puntato sulla pubblicità.
Credit Photo: knownledge.ckgsb.edu.cn
Il fast fashion è stato anche associato alla moda usa e getta, perché ha consegnato un prodotto di design ad un mercato di massa a prezzi molto bassi. Il lento movimento della moda è entrato in opposizione con il fast fashion, in quanto produce continuamente nuovi abiti ed, inoltre, è stata accusata di inquinamento, poiché vengono usate spesso tessuti sintetici e di sfruttamento soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
In Italia ormai il fast fashion va a gonfie vele, la capitale della moda ormai è stata surclassata da tutti questi brand low-cost, dovrebbe anche arrivare a fine 2015, per la felicità di molti giovani Primark. Ma una domanda sorge spontanea: “il Made in Italy che fine ha fatto?”
La natura è musa per antonomasia di poeti e pittori di ogni tempo, non poteva che ispirare anche il mondo della moda, un’arte in continua evoluzione proprio come gli straordinari paesaggi che ci regala la Terra.
Lo studio per realizzare un abito è molto più complesso di quanto si possa pensare. Prima ancora di diventare abito, infatti, è uno schizzo su carta, poi un bozzetto e, infine, diventa un disegno definitivo pronto ad essere tramutato in realtà. Bisogna aprire gli occhi da bravi artisti e guardarsi intorno, osservare, scrutare ed elaborare gli spazi e gli ambienti che il nostro mondo ci regala ogni giorno, catturandone l’essenza.
Non è infatti un mistero che da sempre i più grandi stilisti creino un legame tra se stessi e quanto li circonda, conosciuto come link designer&environment, perché la moda e la natura flirtano e si condizionano da sempre e se una volta la prima guardava alla seconda come fonte d’ispirazione, ora la relazione è bidirezionale, tutto ciò reso ancora più in evidenza dalle collezioni fotografiche dell’artista russa Liliya Hudyakova, la cui grande peculiarità è proprio quella di comparare gli abiti delle passerelle più acclamate a veri e propri fenomeni naturali.
Seguitissima sul web e molto attiva in generale sui social, a metà tra l’essere artista e fashion blogger, la si può senza dubbio definire fuori dagli schemi, ha inoltre aperto un blog chiamato Photo&l’Art dove ci si può tenere sempre aggiornati sui suoi ultimi lavori. Titolo azzeccato e che evidenza il suo riuscire a conciliare le sue due più grandi passioni, l’arte e la moda.
Così, dove noi vediamo solo un abito in seta dai colori sfumati tra loro per creare movimento, lei immagina un surreale tramonto sul mare in una calda serata di mezza estate. Oppure nel guardare un vestito ricoperto di cristalli Swarovski, lei fantastica su un cielo stellato, così riesce a vedere in un abito rosso sangue una muraglia di rose sbocciate e profumate.
Il motto di questa fantastica artista russa, sembra proprio quello di trasformare gli spettacoli della terra sotto forma di moda e alla fine, bisogna ammetterlo, involontariamente (o magari no) fa sognare un po’ anche a noi.
È Expo mania. I riflettori si accendono su EXPO 2015, l’attesissima esposizione universale dedicata all’alimentazione, capace di attrarre 20 milioni di persone provenienti da 140 paesi. Il fenomeno Expo ha però contagiato tantissimi brand d’alta moda che hanno dato vita ad iniziative dedicate a Expo addirittura lanciando prodotti ad hoc: dagli abiti agli accessori, passando dall’intimo. Il tutto in edizione limitata. Non solo cibo, insomma, ma Expo è anche creatività e interpretazione.
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Non si è perso tempo a partire dalla cerimonia di inaugurazione tenutasi l’1 maggio a Milano. Protagonista è stato lo speciale outfit per la Hello Kitty Special Ambassador Expo Giappone creato da Izumi Ogino, creative director della maison di pret à porter Anteprima, in qualità di supporter ufficiale del padiglione Giappone.
Alviero Martini ha lanciato una limited edition ispirata al tema dell’alimentazione, reinterpretando i valori promossi dalla manifestazione: sostenibilità e responsabilità. I modelli della maison, infatti, sono realizzati in un particolare cotone 100% organico con dettagli in pelle a concia vegetale. La cartina geografica, simbolo del brand, è reinterpretata in chiave del tutto inedita raffigurando i continenti, divisi in macro aree, con prodotti alimentari tipici. Le borse saranno in vendita solo dall’1 maggio al 31 ottobre.
Paul Smith, invece, s’ispira al ruolo delle api nella ricerca, nella tecnologia e nel cibo. Oltre ad aver progettato, insieme all’architetto Wolfgang Buttress, il padiglione UK a forma di alveare, ha creato una collezione ad hoc che si ispira all’opera di Buttress e alle api, come i gemelli su sfondo bianco con al centro l’insetto.
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Il brand Swatch per l’occasione ha realizzato due collezioni. Quella ufficiale presenta tre modelli che mostrano sul quadrante e sul cinturino colori e logo della manifestazione. Per la seconda, la Mediterranean Dolce Vita, invece, Swatch ha pensato alla buona tavola e alla dieta mediterranea disegnando quattro orologi dai nomi che richiamano alcune delle abitudini alimentari italiane: Tomatella, Onione, Vitamine Boost, Sardina.
Serapian, storica Maison di pelletteria milanese, ha dedicato all’evento una special edition di travel pocket bag declinata nelle tonalità del logo di Expo 2015.
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Ballin celebra Expo 2015 con l’esclusiva limited edition al gusto di caffè composta da un paio di sandali e una pochette di forma rettangolare con catena in oro anticato. stiyosophy.it
Braccialini per Expo 2015 ha creato coloratissima handbag dedicata ai monumenti e ai luoghi simbolo della capitale meneghina.
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Dirk Bikkembergs reinterpreta il suo modello più noto di slip in una versione con elastico logato nelle tinte multicolor del logo “Expo”. La confezione dello slip è sigillata da un elastico anch’esso con i colori Expo che si può riutilizzare come braccialetto. La mutandina sarà in vendita dal primo maggio, in limited-edition a Milano nei negozi monomarca e sull’online store oltre che in diversi megastore e negozi di intimo. L’invito del marchio è a “Expo-rre” l’intimo e condividere i propri scatti sui social.
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E, tra le maison, c’è anche chi si è ispirato al leitmotiv di Expo: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Salvatore Ferragamo ha firmato una speciale capsule collection di accessori, reinterpretando in maniera eco-friendly i pezzi cult delle sue collezioni. Lo stilista ha scelto di puntare su materiali come la fibra tessile e il sughero.
Gallo, invece, ha lanciato per l’occasione le calze Gallo Loves Green. Le calze saranno in vendita in edizione limitata per tutta la durata della manifestazione.
Pasta, pomodori, peperoncini e frutta. Non è una pizza e nemmeno una cena. È semplicemente la Expo fashion food mania 2015. Parlando di moda, infatti, sono molti quelli che si sono lasciati guidare dal tema “food”, il principale filo conduttore della manifestazione universale Expo 2015. Da T-shirt a bracciali con charms fino ad arrivare a sneakers e borse, passando per costumi, gioielli, papillon e calze: le maison si sono lasciate ispirare creando pezzi unici e originali per una moda da mangiare con gli occhi. Alessandro Enriquez, con le sue collezioni ispirate alla pasta italiana, propone felpe per lui e per lei con spaghetti e farfalle e un vestito lungo fino al ginocchio con gonna a corallo a righe bianche e blu con stampa food. Nhivuru propone una camicia con maniche 3/4 e stampa fantasia bouquet di peperoncini rossi. Poi ci sono i foulard di Mantero in seta con con fantasia di fiori e frutta della capsule collection per Expo 2015 e quelli di Salvatore Ferragamo in seta con stampa food e motivi iconici della griffe.
E per l’estate 2015 Calzedonia disegna bikini golosi dalle stampe fruttate con reggiseno senza spalline. Guardarli sembra quasi come gustare delle caramelle gommose. stiyosophy.it Dodo, Rosato, Gioielli Dop e Spallazzani propongono bracciali con charms dedicati al tema food. Dodo presenta ciondoli della collezione Lucky Chef a forma di pentolino, scolapasta, mestoli, budino e ciambellone in argento e oro rosa. Rosato, invece, disegna tre miniature in argento 925 lavorate artigianalmente dedicate alla pasta, rispettivamente a forma di pipette, farfalle e penne. In vendita esclusiva presso i monomarca di Milano, Roma e Forte dei Marmi.
Per l’uomo il mago dei papillon, Tanio Liotta, ne ha creati di originalissimi dando vita al gusto con un po’ di piccante: all’interno della farfalla si vedono peperoncini.
E per non farci mancare proprio niente XI Milano per Disney ha creato delle cover per smarthphone in PVC con stampe food. fashiontimes.it
La moda non è sempre esistita, non fa parte dei bisogni naturali dell’uomo per garantirsi l’adattamento all’ambiente e, dunque, la sopravvivenza. Oggi, però, tutto è cambiato ed è diventata qualcosa di fondamentale, per interfacciarsi con se stessi e con la società.
Tra i pensatori che si sono occupati del fenomeno della moda, spicca senza dubbio il tedesco Georg Simmel (1858-1918), da cui l’esistenzialismo novecentesco fu largamente influenzato. Simmel notò nella moda un paradosso di fondo: essa è “una delle tante forme di vita con le quali la tendenza all’eguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale ed alla variazione si congiungono in un fare unitario”, ovvero detto in parole più semplici: così nella società come nella moda, siamo tutti uguali perché siamo tutti diversi.
Oggi sono molti i giovani che frequentano corsi di fashion design presso le accademie più prestigiose, sperando un giorno di poter lavorare per qualche grande maison della moda o aprire una propria linea di successo.
Il nostro Bel Paese è base di molte di esse, tra cui la più rinomata e conosciuta è la Marangoni di Milano, ma anche la città capitolina si aggiunge sicuramente come seconda classificata a livello di notorietà, ospitando lo IED (Istituto Europeo di Design), non è da meno il Polimoda di Firenze anch’essa, come Milano e Roma, sede di grandi fashion events.
Sempre lasciata per ultima, un po’ come un fanalino di coda, la Sicilia che, però, da due anni a questa parte vanta la nascita di un’Accademia che è già stata indicata come una delle scuole d’eccellenza, sempre più al pari di questi grandi nomi accademici: la Naap, Nuova Accademia di Pratiche.
Naap si occupa di alta formazione nei settori fashion design, accessori moda e bijoux, arte orafa e gemmologia, alta pelletteria, make up, fotografia e altre arti pratiche connesse all’artigianato e al Made in Italy, cercando sempre più di valorizzarlo.
Naap nonostante ancora considerata una novellina del mondo accademico sempre più vasto, ha già stipulato numerose collaborazioni, anche con istituzioni all’estero, che le hanno consentito di accogliere presso le sua struttura perfino studenti stranieri provenienti dal Kazakistan.
L’Accademia, infatti, vanta docenti di altissimo livello.
Rocco Iannone, originario del Sud (Catanzaro), oggi Head Menswear Designer di Armani e titolare di una propria linea di moda femminile milanese. Si occupa di dirigere i corsi di moda insegnando ai ragazzi non a disegnare o cucire, ma preparandoli ad affrontare questo mondo pieno di stoffe pregiate, eventi super cool, grandi maison ma anche tanta competizione, sacrifici e in continua evoluzione.
I corsi di gemmologia, invece, sono tenuti in collaborazione con IGI Istituto Gemmologico Italiano, che ha riconosciuto Naap Academy come unica sede accreditata in Sicilia.
Il docente che si occupa del design di gioiello è il maestro Gianfranco Strano che vanta anni di esperienza e carriera nel settore orefice. Lavora, infatti, presso l’azienda Carlo Illario e con prestigiosi marchi come Bulgari e Damiani.
Naap vanta anche di avere dei corsi di fumetto e illustrazione, tenuti da docenti che lavorano per Disney, Marvel, Dreamworks e altri, oltre ad avere una fitta partnership con la Scuola del Fumetto di Milano dando, così, direttamente l’opportunità agli studenti di farsi conoscere dagli editori.
http://dibiancoedinero.blogspot.it
Non sono da meno i corsi di make up, tenuti da Darioloris Cerfolli, truccatore di Cinecittà make up. Tra le sue più recenti collaborazioni vi è il video musicale degli Sugarfree e Real Dreams, quell Jabal e Midway presentato agli Oscar Italiani e al Davide di Donatello e l’ultimo spot tv “Moretti lime”. Attualmente è impegnato nella produzione del film: “90bpm” di Faeria.
http://www.naapacademy.it
Per ultimi, ma solo in ordine di formazione, i corsi di scrittura creativa tenuti dal Professor Gianpiero Vincenzo, scrittore, critico d’arte e sociologo, che pubblica in Italia, Turchia, Germania e Spagna.
L’alto profilo del corpo docente, il service placement e i contatti fino ad adesso raccolti, la didattica pratica svolta attraverso laboratori nuovi ed attrezzati a norma, resi visibili grazie alle bellissime foto di ReverStudio, hanno permesso di ottenere risultati notevoli già per i primi diplomati ai corsi.
Per il futuro sono in corso altri progetti presso aziende locali, nazionali ed istituzioni all’estero per l’implementazione dei contatti e lo sviluppo di eventi moda a sostegno dei nuovi talenti creativi. Lo scopo è quello di permettere ai ragazzi siciliani e non di continuare ad ambire ad una carriera di successo all’interno del mondo moda.
La moda non è solo abbigliamento, arte e tendenza, ma anche cinema. Da sempre, questi due settori vanno a braccetto: attrici che sono diventate icone di stile, come per esempio Grace di Monaco o Audrey Hepburn, o addirittura stilisti che hanno tratto ispirazione da sceneggiature e ambientazioni di film storici. Una continua influenza a doppio senso che ha portato alla luce alcuni dei capolavori cinematografici più eclatanti di sempre. Dagli anni Cinquanta fino ai giorni nostri ci sono alcuni film sulla moda che ogni fashion lover dovrebbe guardare.
A partire da Mahogany del 1975 che vede una Diana Ross in veste di studentessa, adocchiata da un fotografo di moda e divenuta poi una It model. Protagonista è lo stile anni Settanta, con cappelli extra large e abiti da sera luccicanti.
Credit photo: www.akaanuli.com
E ancora: il Grande Gatsby del 1974. Sì, prima della versione con Leonardo di Caprio ne esisteva un’altra, più classica e, diciamoci la verità, più bella. I protagonisti, Robert Redford e Mia Farrow, sono stati ricoperti dalla testa ai piedi di abiti di Ralph Lauren e altri stilisti dallo stampo classico. Non per nulla questo film ha vinto il premio Oscar per i migliori costumi.
Credit photo: angy.twilight-mania.com
Come non poter citare il mitico Grease che in quanto a moda ha fatto la storia. Abiti bon ton, gonne a ruota e colori tenui per una Sandy che alla fine stravolge il suo stile: ecco quindi che assistiamo a una vera e propria celebrazione del denim e della giacca di pelle, da vera bad girl.
Credit photo: toutlecine.challenges.fr
E per finire La febbre del sabato sera. Un must imperdibile, un gioiello del cinema che tuttora sorprende ed emoziona. Uno sguardo ravvicinato allo stile disco anni Settanta che vede il completo bianco di John Travolta e l’abito rosso di Karen Lynn Gorney: un film ricco di storia della moda e di abiti iconici.
Credit photo: nuovocinemalocatelli.com
Se sei un appassionato di moda, non basta conoscere a menadito la storia degli stilisti e dei fotografi. Ci sono film che hanno dato il via a tendenze, stili e icone del fashion world.
Star che diventano, per gioco o per diletto, stiliste.
Capita che alcune di loro non vogliano limitarsi ad indossare capi di grandi maison, ma vogliano firmarne anche di loro ed a volte con risultati molto soddisfacenti. Il trend è decisamente in crescita: ecco gli esempi più celebri.
Eva Mendes
L’attrice ha lanciato una linea di abbigliamento in collaborazione con la New York & Company nel 2013 per la quale ha firmato una linea di abbigliamento, di cui lei stessa è stata testimonial, con capi sexy e molto ammiccanti.
credit photo: www.elle.it
Jennifer Lopez
Alterne le fortune di Jennifer Lopez in versione stilista.
Nel 2003 ha lanciato JLO by Jennifer Lopez, brand che includeva di tutto e di più, dai capi di abbigliamento agli accessori, fino ai gioielli. Due anni dopo è arrivata la linea di abbigliamento Sweetface, mentre nel 2007 ha ritirato JLO by Jennifer Lopez sostituendolo con JustSweet, brand a target giovanile. Ha inoltre firmato delle linee di abbigliamento per Kohl’s Department Stores e ha collaborato con Yamamay per linea di intimo e costumi.credit photo: expolations.blogspot.com
Victoria Beckhanm
La cantante/modella ha lanciato la sua linea di abbigliamento nel 2008 e nel 2011 ha lanciato una linea più accessibile: Victoria by Victoria Beckham, originariamente conosciuta per i suoi abiti, successivamnete ampliata per includere borse, jeans, e profumi.
Credit Photo: forbes.com
Madonna
Anche Madonna aveva realizzato una capsule collection per H&M, ma nel suo caso il rapporto con la moda si fa più frequente; basti pensare che ha anche firmato, insieme alla figlia Lourdes, una linea di abbigliamento chiamata Material Girl e dedicata soprattutto alle più giovani.
credit photo: musica.virgilio.it
Gwen Stefani
Altra esperienza fortunata è quella di Gwen Stefani, che ha sempre avuto buon gusto e lo ha dimostrato anche quando, nel 2004, ha lanciato la sua linea di abbigliamento chiamata L.A.M.B., i cui capi sono stati indossati da attrici come Nicole Kidman e Halle Berry. L’esperienza è andata così bene che continua ancora oggi.
credit photo: www.neontommy.com
Selena Gomez
Nel 2009 ha esordito Dream Out Loud by Selena Gomez, brand di abbigliamento della giovane pop-star che si caratterizza per uno stile bohemien e l’anima green. Tutti i capi sono realizzati con materiali riciclati o ecosostenibili.
credit photo: www.giudoteca.com
Katie Holmes
È invece conclusa, per il momento, l’esperienza nel mondo della moda di Katie Holmes, che ha chiuso il brand Holmes & Yang, da lei fondato nel 2009 insieme alla sua personal stylist Jeanne Yang poiché sembra che tra le due ci fossero molte divergenze, soprattutto sui prezzi. Un peccato, dato che erano riuscite a vendere abiti a gente come Amy Adams, Olivia Wilde e Nicole Richie.
credit photo: invidia.pianetadonna.it
Avril Lavigne
Avril Lavigne ha fatto un’incursione nel mondo della moda pensando alle sua fans. La sua linea, Abbey Dawn, prodotta da Kohl’s, è interamente dedicata alle teenagers. Largo spazio quindi a stampe con teschi, zebrature e stelle, il tutto accompagnato da colori belli vivaci.
credit photo: www.billoboard.com
Kyle Minogue
Per alcune l’esperienza da stilista è puramente casuale. È il caso di Kylie Minogue che qualche tempo fa ha firmato una capsule collection per H&M. Gli abiti erano un mix di romanticismo e sensualità, come lei.
Lo stand online di e-Pitti, dove presentare collezioni e prodotti a buyer di moda internazionali certificati, fa boom. Il progetto di fiere online di Pitti Immagine è l’estensione digitale di Pitti Uomo, Pitti W, Pitti Bimbo e Pitti Filati. E-Pitti fa dello spazio moda on e offline un concentrato unico unendo il virtuale al reale. Con un aumento del 45% delle pagine visitate rispetto a gennaio 2014, e-Pitti.com si concentra sempre più sul suo core business: da un lato, migliora l’esperienza dei suoi utilizzatori (espositori e buyer) con più contenuti e servizi e, dall’altro, dà informazioni precise all’organizzatore Pitti Immagine sul comportamento dei buyer nel salone virtuale, per “anticipare o confermare le loro attese, selezionare meglio i nuovi espositori e trovare per loro le collocazioni migliori o per orientarci su una tipologia di prodotto più ricercata di un’altra in funzione dei dati che abbiamo a disposizione”, afferma Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Uomo.
fashionmag.com
Un vero e proprio occhio da “Grande Fratello”.
Tra i servizi che offre la piattaforma, infatti, è possibile analizzare quali sono i prodotti più ricercati, in quali categorie (pantaloni, camicie, ecc.), in quale colore e stile (classico, sportswear-informale o d’avanguardia) e da quali buyer, a seconda della loro nazionalità. È quindi possibile verificare quali sono i prodotti che hanno maggiormente interessato i compratori e quelli che hanno meno mercato. È questa la differenza con la fiera fisica: in questa il badge permette di scannerizzare solamente gli ingressi allo stand.
Francesco Bottigliero, fondatore e boss di FieraDigitale , spiega di essere solo all’inizio di un lungo percorso che permette di offrire agli interlocutori delle analisi statistiche sempre più avanzate. “Al momento, è possibile recuperare queste informazioni solo grazie al digitale. In un prossimo futuro, l’idea è di ottenere la stessa precisione all’interno di una fiera fisica e di arrivare a una vera e propria ibridazione fra spazi on e offline. Vogliamo essere i primi a proporre un vero salone fisico e virtuale”, afferma Bottigliero.
E-Pitti ha, inoltre, messo a punto il servizio “trend forecasting”, permettendo ai visitatori di verificare le tendenze in tempo reale attraverso una selezione di immagini raccolte sui socil network e poi analizzate dalla start-up italiana Nextatlas. fashionmag.com
La piattaforma è disponibile in italiano, inglese, russo e giapponese ed ha presentato, nel 2015, 1.336 marchi e 8mila prodotti, attirando buyer di 105 nazioni, con in testa l’Italia (60%), seguita dal Giappone, dalla Spagna, dagli Stati Uniti e dalla Germania.
Invecchiare è un privilegio dice Joyce Carpati, ormai ottantenne, attrice e protagonista del docu-film “Advanced Style: le signore dello stile”. Icona indiscussa di stile ed eleganza, fatta di fili di perle e borse vintage di Chanel, è la conferma che lo stile non ha età. Ma si sa, raggiunto e superato il cinquantesimo anno la maggior parte delle donne (ma anche degli uomini) va in crisi perché si sente troppo vecchia, ed erroneamente ha paura di non piacere più agli altri e di aver perduto il proprio fascino non immaginando, invece, di averne appena acquisito il doppio. Spesso, in risposta a questa paura, alcune tendono a vestirsi come delle ragazzine in abiti fascianti e volgari, cercando così di rincorrere la giovinezza perduta, altre viceversa, tendono ad indossare abiti che le mortificano, magari di taglie più grandi della propria per cercare di nascondere i difetti, spesso inesistenti e frutto solo della propria insicurezza. l’importante è valorizzarsi al meglio a seconda della propria fascia di età, magari seguendo delle indicazioni.
Advanced Style ne è proprio la testimonianza, ispirato al famoso blog di Ari Seth Cohen e diretto da Lina Plioplyte nel 2014, ha voluto raccontare la vita di sette donne newyorkesi, superati i cinquanta, quindi, fra i sessanta e i novant’anni, accomunate da grande spirito e uno stile del tutto eclettico. Sfidano le idee convenzionali sulla bellezza e sull’invecchiamento con un gusto e una personalità davvero unici, dando una risposta forte e chiara all’ossessione per la giovinezza. Lo stile non ha età anche se i capelli imbiancano, la pelle perde di elasticità, compaiono le rughe e la linea non è più quella di una volta, basta avere piccoli accorgimenti per non cadere nell’errore, essendo comunque cool e alla moda.
Ecco come vestirsi
Magari per prima cosa si potrebbero evitate gonne troppo corte e vestiti troppo stretti, sconsigliato anche l’ abbigliamento troppo largo, che fa perdere solo femminilità rischiando di apparire grasse.
Piuttosto bisogna cercate di mimetizzare solo i difetti, se ad esempio si ha un po’ di pancetta si può indossare una maglia che scenda morbida in vita e sia magari un po’ scollata in modo da distogliere l’attenzione dal punto vita. Se si è particolarmente minuti fisicamente, ad esempio, si può osare con le fantasie, viceversa cercare di indossare sempre abiti monocolore, magari beige, marrone o il classico nero, che si può andare ad impreziosire con accessori come cinture e borse di colore diverso, oppure gioielli più vistosi, è consigliato l’uso di giacche, tailleur, maglie dolcevita e gonne di media lunghezza, in modo da risultare sobrie ed eleganti al tempo stesso.
Infine non trascurare mai il trucco e l’acconciatura dei capelli, qui non si transige e si consiglia un make up caratterizzato da nuances neutre ed illuminanti.
Bisogna ammettere che pian piano gli over cinquanta stanno conquistando anche giornali vissuti fino a questo momento nel mito dell’eterna giovinezza, ovvero i magazine di moda, ribaltando l’ideale dandy per antonomasia. Oggi le grandi ed eleganti fashion icon sono novantenni, come: Mimi Weddell, protagonista del cult-movie Hats Off o Iris Apfel, leggendaria interior designer di Park Avenue, adorata da tanti stilisti per i suoi look eccentrici, andati perfino in mostra al Metropolitan Museum of Arts.
Oggi le donne dopo i cinquanta si mostrano informali, dinamiche, in alcuni casi ironiche e sperimentali sapendo esattamente dentro quali panni ci si sente a proprio agio e usando il proprio stile come una forma d’arte per innalzare lo spirito, rendendo il loro look ancor più creativo e all’avanguardia.
I trend della moda sono sempre un riciclo, oggi si vedono ragazze giovani indossare gli stessi abiti vintage che le più agée hanno indossato per decenni, gli stessi abiti o accessori che ieri erano considerati, kitsch, vecchi e fuori moda, mettendo in evidenza una cosa sola, che le donne più mature possono ancora essere stilose, belle, espressive e influenti.
Bellissima e semplice come poche. Il look da ragazza della porta accanto fa di Elisabetta Canalis un’icona trendy, chic e sempre sensuale. Il suo stile sobrio e casual-chic rende i suoi outfit, dal look da giorno per fare shopping con le amiche a quelli più raffinati per un party, molto vicini a quelli di tutte le ragazze. La Canalis è una donna che ama molto lo stile sportivo e lo dimostra indossando tute, t-shirt basic e pantaloni larghi senza dimenticare il suo lato più femminile. Bellissimi i suoi look da sera e da red carpet, indimenticabili alcuni dei suoi abiti indossati a Sanremo, meravigliosa durante i party, deliziosa in costume da bagno, preziosa nel suo abito da sposa e bellissima nei suoi look da futura mamma.
L’ex velina mora di Striscia la Notizia, convolata a nozze lo scorso settembre con il chirurgo plastico Brian Perri, papà del nascituro, si presenta sempre al meglio dando vita a look da cui è facile prendere spunto:
top nero e jeans, piumino e maxi sciarpa, pantalone di pelle e tronchetti spuntati, abiti lunghi, morbidi e dallo stile etnico multicolor: dall’inverno all’estate lo stile è semplice e chic, sportivo ma sempre ricercato.
Per lo shopping e il tempo libero Elisabetta opta per la comodità: shorts in jeans, t-shirt bianca e biker boots, pantaloni skinny e chiodo in pelle per le giornate più fresche o semplicemente jeans, camicia bianca, maxi bag suade e grandi occhiali da sole. Ed il gioco è fatto.
Indimenticabili i suoi outfit di Sanremo: elegante e sofisticata come impone l’occasione, ma Elisabetta resta unica nella sua semplice sensualità. È incantevole e stupisce indossando una serie di creazioni ad hoc per il suo stile sofisticato: un abito cipria di Cavalli; abiti di Emilio Pucci realizzati appositamente per lei dal Direttore Creativo della Maison, Peter Dundas passando da un abito total white con una scollatura ampie che lascia scoperta la schiena a un abito lungo color rame.
Per le serate, gli eventi e i party Elisabetta Canalis spesso ci ha lasciati a bocca aperta per il suo stile chic ma sempre trendy. La vediamo indossare un abito nero corto con dettagli animalier di Cavalli, un abito stretch color panna con open toe chiare, un abito bianco con la Pyramid bag di Prada e un abito lungo azzurro di Cavalli sul red carpet.
In abito da sposa è apparsa raggiante, naturale e al top come sempre, avvolta nel suo vestito nuziale bianco per lei realizzato dallo stilista Alessandro Angelozzi. Anche l’acconciatura e il make up sono stati leggerissimi.
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Da non perdere nemmeno il tailleur in total black, un look evergreen da sfoggiare in qualunque stagione.
Il prossimo inverno è total black e dai tagli militari per Versace. Sono questi, infatti, i capisaldi della prima collezione disegnata dal nuovo direttore creativo della maison, Anthony Vaccarello, per Versus Versace presentata sul web in diretta streaming da Londra con un evento e con l’esibizione dei Nothing but Thieves e Zibra. Tra gli ospiti Maisie Williams, nota per il ruolo di Arya nel ‘Trono di spade’.
Per non andare contro la moda unisex che nell’ultimo periodo ha spopolato, Vaccarello pensa allo smoking anche per la donna. La proposta per il prossimo inverno condivide lo stesso messaggio per lui e per lei, fatto di tagli militari, asimmetrie, tartan e borchie, fibbie e kilt e le teste di leone di Versus. È questa la grammatica della nuova collezione disponibile su versusversace.com.
Per lei Vaccarello disegna abiti monospalla e minigonne di pelle con zip diagonali, passando alla maglieria cablata con orli asimmetrici. L’asimmetria corre lungo tutta la collezione donna. Il denim è rigorosamente stampato a fantasia di graffiti, a disegni bandana oppure a pois realizzati con teste di leone. Il tartan Versus viene rivoluzionato sui completi maschili, sulle maglie oversize, sui bomber e mantenuto sui classici kilt. Cappotti doppiopetto senza maniche, neri e militari, hanno spalline disegnate, bottoni a forma di leone e collo a imbuto: sono i capospalla da uomo.
Gli abiti da sera sono eleganti e affilati. Fronte nero, drappeggi e altezze differenti creano contrasti tra lungo e corto in un solo look. Gli accessori includono nuove borse e stivali femminili di pelle nera, decorati con una testa di leone argentata. Per lui zaino nero in canvas.
«Sono profondamente orgogliosa di Anthony. La sua prima collezione di Versus Versace come direttore creativo è incredibile. È riuscito a essere rivoluzionario e insieme fedele alla vera essenza della maison», ha commentato Donatella Versace la prima collezione di Anthony Vaccarello per Versus Versace.
“Voglio essere così“, è questo il nome del nuovo game-show dedicato al fashion system, che andrà in onda a Luglio su La5, condotto da Cristina Chiabotto.
Questo nuovo game prevede ben 10 puntate, nelle quali 20 concorrenti, due per volta, si sfideranno.
Il gioco prevede che le due concorrenti, che cambieranno da puntata a puntata, con una shopping card con all’interno un budget di 300 euro, dovranno fare shopping.
Gli acquisti verteranno su un determinato tema, dalla business woman ad un look casual, da un outifit per la palestra ad un completo da cerimonia; naturalmente anche il tema cambierà da puntata a puntata.
Le concorrenti hanno a disposizione un tempo molto limitato, in cinque ore dovranno fare tutto, scegliere ed acquistare i loro capi d’abbigliamento, non dimenticando però gli accessori giusti da abbinare.
Saranno aiutate, se lo vorranno, da una personal-shopper e da uno sconosciuto che troveranno all’interno del negozio, al quale potranno chiedere dei consigli. Tutto ciò ovviamente ha dei costi che poi andrà ad essere sottratto dal budget della card. Credit Photo: www.mediaset.it
Le due concorrenti al termine dello shopping, verranno giudicate da una giuria, formata da tre componenti che decreterà una vincitrice.
La giuria sarà così formata:
– Stilista/stylist
– Fashion Blogger
– Personaggio Famoso.
I nomi dei probabili giudici non sono ancora resi noti, ma voci indiscrete circolano su Chiara Nasti e Patricia Manfield.
Il game sarà girato all’interno del Centro Commerciale di Parco Leonardo, a Roma. Le due ragazze che si sfideranno, non avranno a che vedere con le grandi firme, bensì faranno shopping all’interno dei negozi low-cost, che si trovano proprio all’interno del Centro Commerciale.
“Voglio essere così” può essere considerato un glam-popular game, in quanto si parlerà di moda, ma facendo anche riferimento alla situazione economica che sta investendo questo settore, anche con l’arrivo del fast fashion, che ormai propone di tutto; dal look da giorno, all’abito più elegante per la sera e dai prezzi sempre molto modici.
La vincitrice avrà come premio una shopping card da usare all’interno del Centro Commerciale, mentre tutte le altre concorrenti potranno tenere i vestiti acquistati.
I provini sono iniziati il 15 maggio e continueranno fino al 15 giugno, a Parco Leonardo; aperti a tutte le donne dai 18/40 anni.
Forme e rotondità: quando si parla del fisico di una donna si parla principalmente di questo. Quante volte abbiamo attribuito a qualcuno il termine “grassa” solo perché il modello che ci è stato imposto dalla società in cui viviamo è quello di una donna magra, a volte troppo? La prorompente e diciassettenne Kylie Jenner, modella e sorellastra di Kim Kardashian, si trova, per l’ennesima volta, sotto i riflettori e sotto l’occhio dei più feroci e cattivi utenti dei social. Questa volta non è stata colpa delle sue tanto discusse labbra (diventate una vera e propria ossessione per i tween/teen di internet, che hanno lanciato una scellerata moda chiamata Kylie Jenner Challenge), ma al centro del dibattito c’è stato il suo peso. Dopo tante critiche e insulti sui social, Kylie ha postato su Instagram un suo scatto in cui si mostrava con un sexy costume nero e stivali al ginocchio, aggiungendo la didascalia: “Dietro le quinte (si, ho preso qualche chilo. Ve lo dico io prima che lo scriviate voi)”. Didascalia, poi, modificata dalla modella perché non se l’è sentita di affrontare ulteriori commenti polemici. Ora su Instagram appare solo “dietro le quinte”. Instagram
Il dibattito del secolo quando si parla di bellezza. Meglio un corpo formoso o un corpo esile? Non esiste una risposta. Il corpo di ognuna di noi ha le sue caratteristiche e probabilmente la risposta è nel mezzo, soprattutto se si parla di teenager. Ed è il caso della bellissima Kylie. Il fisico di un’adolescente cambia, si trasforma ogni giorno ed è comunque perfetto in tutte le sue taglie. La tv, la moda, la società ci impongono dei modelli predefiniti. Ogni decennio ha le sue forma, i suoi prototipi di bellezza. La verità, però, è che la donna è bella se si sente bene con se stessa. Forse un luogo comune, ma la vera bellezza è non imitare qualcuno ma essere se stessi. A prescindere dalle moda, a prescindere da ciò che vogliono farci credere. Le donne sensuali e sexy degli anni ’60 erano tonde e dalle forme prorompenti, ad esempio. Ora, invece, si pensa che la bellezza sia essere magrissime. I tempi cambiano, è vero. Ma sempre di più (fortunatamente) si cerca di arrivare ad un equilibrio: nella moda, nella pubblicità, nel mondo della comunicazione le donne stanno cambiando puntando sulla diversità più che sull’omologazione.
Se fino a poco tempo fa il jeans è sempre stato un capo evergreen realizzato in serie, ora diventa lussuoso ed esclusivo, ma soprattutto personale: un prodotto ricercato e modellato sulla persona che lo indossa, un capo in grado di superare i concetti di tempo e stile. Si tratta del jeans personalizzato lanciato dal gruppo Sevenbell, un servizio esclusivo per i propri clienti che potranno creare a proprio piacimento un capo davvero unico.
Con RR_CM Roy Roger’s custom made sarà infatti possibile creare il proprio jeans in tutti gli store in un’area dedicata, in cui la scelta è davvero ampia: il cliente potrà infatti selezionare tessuto, colore secondo i diversi lavaggi, dettagli e modelli assistito dal personale specializzato. I tempi di attesa? Nell’arco di 15 giorni il jeans, personalizzato con le cifre ricamate sul quinto taschino, sarà pronto per essere indossato. Un vero e proprio gioco da indossare, che permette di creare il proprio stile.
Dopo il successo ottenuto con l’apertura dei nuovi punti vendita Roy Roger’s jeans, tra i quali le prestigiose vetrine milanesi in Corso Venezia, il gruppo Sevenbell fa di più, molto di più. Mette al centro di tutto la scelta del cliente e lo invoglia a fare della moda un caposaldo di originalità e a indossare i capi non come essa impone ma in piena libertà.
“Questo progetto interpreta la nostra visione di eccellenza, proiettata a realizzare prodotti riconoscibili del saper fare italiano” spiega Guido Biondi, direttore creativo del Gruppo Sevenbell. “È grazie alla capacità del nostro manifatturiero che oggi siamo in grado di rispondere ad una nuova richiesta che ci arriva dal mercato, proiettato verso la ricerca di un capo solo tuo, al di sopra del tempo e dello stile“. Tutti ma proprio tutti saranno in questo modo accontentati.
Un velo di rosso sulle labbra, una gonna, uno stiletto: non è una smodata e incontrollabile voglia di apparire, ma è essere (e soprattutto sentirsi) Donna.
Vestire questi panni, nella società attuale è sempre più angusto e di notevole impegno, infatti a farsi strada sono sempre più working girl e donne che si sostituiscono in tutto agli uomini. Anche nel panorama dello stile e delle tendenze c’è stata una grande inversione e in tutte le collezioni c’è almeno una proposta di donna in tailleur e stringate o addirittura in giacca e cravatta dal perfetto stile boyish. Donne troppo mascoline che gli uomini non vedono più come creature angeliche, ma addirittura in competizione con loro, sentendosi così scavalcati e privati del loro ruolo.
È ora di riaffermare la propria femminilità, indossare un paio di stiletti e acquistare sicurezza, fiducia in se stesse. È questo che si propone di fare la Stiletto Academy, “un’idea di donne per le donne”, creata da Veronica Benini, che con questo sensuale e storico tacco ha dato un tocco in più alla sua vita.
Architetto e designer a Parigi, che in un momento particolarmente avverso ha deciso di rimettersi in piedi, rialzarsi (perché no su un tacco 12).
Un’esperienza personale che le ha dato l’idea per un’iniziativa più grande, destinata a tutte le donne che vogliano ritrovare la propria autostima.
Un percorso attraverso tacchi e donne che, come Veronica, vogliono essere se stesse, essere forti e saper scegliere. Essere Donne senza sentirsi in colpa di indossare dei tacchi e mettere un velo di rouge sulle labbra, lasciando cadere tutte le sovrastrutture createsi nel tempo.
A volte basta un tacco 12 per cambiare vita e riuscire ad esprimersi al meglio, affermare se stesse e, perché no, darsi delle seconde opportunità. La Stiletto Academy ne è pura testimonianza e sembra esser riuscita a pieno nel suo intento.
I corsi, molto apprezzati, dilagano ormai da Nord a Sud e proprio il prossimo 31 maggio sarà ospitata dalla Capitale per un workshop. In quest’occasione, insieme all’ammirato tacco 12, ci saranno profonde testimonianze: due donne che ce l’hanno fatta, hanno realizzato quello che era il sogno della loro vita e che adesso potranno dimostrare a tutte che basta solo imparare a volersi bene e mettersi in gioco. Senza farsi troppi problemi, senza guardarsi troppo alle spalle o al futuro, ma semplicemente vivendo il momento e sapendo sfruttare le occasioni. Storie emozionanti, di sopravvivenza, ma anche di forza in se stesse, esattamente come ha fatto Veronica Benini; sempre con un gran sorriso e voglia di non arrendersi.
Anni di lotte per la propria affermazione, uguaglianza di diritti e successiva conquista della parità dei sessi; un percorso che continua tutt’ora, ma questa volta su un paio di tacchi 12. Perché quando arrivi al tacco 12, puoi ritenerti all’altezza.
Che i gusti non si discutano è risaputo, ma in questo caso è giusto rivedere questa affermazione, aggiungendo una piccola precisazione: al cattivo gusto non c’è mai fine. Dunque l’eccezione alla regola esiste eccome ed è spalmata sulle gambe di chi ha deciso per gioco oppure secondo il discutibile gusto personale di indossare queste ridicole paia di pantaloni. Modelli sopra le righe o sotto, molto sotto le ginocchia, strappati a livelli estremi oppure resi davvero particolari con stampe adatte a una lezione di anatomia e tanto di lingerie allo scoperto.
C’è chi si improvvisa stilista e chi esagera più o meno consapevolmente, non risparmiandosi davvero niente in fatto di cattivo gusto, indossando quelle che secondo noi sono le peggiori paia di pantaloni mai visti. E se pensate che questa sfera appartenga solo ai comuni mortali, ecco spuntare e sfilare tra le sue numerose fan il cantante Justin Bieber con una sorta di pigiama a cavallo basso e macchie di leopardo viola. Insomma, ci vuole coraggio per fare determinate scelte di stile e uscire anche allo scoperto, desiderosi in fondo di attirare gli sguardi altrui.
Scorrendo questi scatti mi sembra quasi di sentire Carla Gozzi disperarsi a suon di “ma come ti vesti?”.
Tutti pazzi per il jeans bianco. Il giusto compromesso tra due tendenze del momento: il denim e il total white. E come non lasciarsi tentare dall’indossarli? Per la primavera sono perfetti, anche per chi pensa che il bianco ingrassa. E anche le star lo sanno.
Jane Birkin, Miranda Kerr, Alexa Chung tutti condividono l’amore di jeans bianco ghiaccio.
L’attrice e cantante Jane Birkin, ritratta in una foto con Serge Gainsbourg, dimostra che l’effetto abbronzatura viene esaltato dai jeans bianchi, soprattutto se abbinato con una semplice maglietta bianca annodata. In ricordo dei magici anni ’70, tornati prepotentemente di moda. Alexa Chung, modella e conduttrice, arriva quest’anno al Festival di Vogue: jeans bianchi e la sua t-shirt Vogue per fare della semplicità uno stile.
L’ex angelo di Victoria’s Secret e supermodella Miranda Kerr, rea confessa di amare i jeans bianchi, li abbina a un blazer color nude e a tacchi.
La modella Doutzen Kroes arriva all’aeroporto di Nizza per il festival di Cannes indossando un jeans bianco dal taglio più dritto, abbinandolo a scarpe da ginnastica e a un blazer nero.
I pantaloni bianchi sono il must della stagione primaverile, prima di scoprire le gambe durante l’estate. I pantaloni bianchi diventano chic se abbinati in modo giusto e scelti nella giusta forma. E proprio sulla forma si può giocare per essere indossati anche dalle ragazze che pensano che il “bianco allarghi”. Sì, è vero, ma con qualche accorgimento ce la facciamo: non indossare gli skinny jeans bianchi e trovare modelli un po’ più morbidi o a palazzo.
Cara Delevingne è una delle modelle più cool del momento. Con la sua bellezza particolare, la sua personalità divertente e anticonvenzionale e il suo stile eccentrico e irriverente ha conquistato 13 milioni di followers solo su Instagram. La bella modella inglese sembra avere dunque davanti a sé una carriera tutta in discesa, una vita perfetta e una cerchia di amici da far invidia (tra cui Rihanna, Kendal Jenner e Gigi Hadid), ma che non la soddisfa affatto. Cara ha infatti confessato in una recente intervista rilasciata al The Wall Street Journal le difficoltà riscontrate nel mondo della moda. Una carriera che lei stessa non ha mai desiderato, ma che ha incrociato casualmente seguendo le orme della sorella Poppy.
“È orribile vivere in un mondo in cui ti rimproverano per dirti che pensi solo a divertirti, che dovresti presentarti in un certo modo e perdere peso. È qualcosa che mi fa arrabbiare tantissimo” ha detto. “A un certo punto mi sono sentita come un animale in gabbia. Avevo solo voglia di scappare. Ho finito per sentirmi vuota. La moda ha a che vedere con l’aspetto esteriore. E basta. Non c’è alcuna ricerca. Consiste solo nel mettere in scena delle cose belle”.
A soli 22 anni la modella inglese è quinta nel range di models.com e ha già conquistato le passerelle e le copertine più importanti, nonché le campagne pubblicitarie dei migliori marchi come Burberry, Fendi, Chanel, La Perla e tanti altri. Insomma, Cara sembrerebbe pronta a rinunciare per un periodo al mondo della moda per dedicarsi a quella che è la sua passione più grande. Il suo sogno fin da piccola è sempre stato infatti quello di diventare un’attrice.
La star britannica è già apparsa in diversi film come Anna Karenina e The Face Of An Angel, mentre quest’anno parteciperà alla pellicola drammatica Tulip Fever e sarà protagonista del film ispirato al libro di John Green, Città di carta. Sicuramente non sarà la fine di Cara Delevingne nei panni di modella e it girl (Cara è la nuova testimonial di Mango insieme a Kate Moss) ma l’inizio di una nuova fase nella sua carriera.
Dimenticate ago e filo, perché oggi anche la moda si fa hi-tech e crea abiti con un semplice click.
Se aprire il vostro guardaroba non vi soddisfa più, è il momento di mettervi all’opera, creare bozzetti da dare alla moderna “macchina tessile” e vedere i vostri capi realizzati. Anni di storia del costume, anni di storia dell’artigianato e dell’alta sartoria, che vedono difronte una potente e privilegiata concorrente: “Electroloom”. Simile ad una stampante 3D, basta azionarla, disegnare il capo prescelto, inserire il bozzetto e dare il via alla creazione di t-shirt, tank top e mini abiti, in modo semplice e veloce. Le soluzioni liquide, dopo qualche processo di trasformazione, assumono le sembianze di capi pronti da inserire nel guardaroba. Al momento i filati disponibili sono solo poliestere e misto cotone, che permettono l’ottima riuscita senza bisogno di cuciture. Capi pratici e tecnologici, in tessuti flessibili, quindi ideali anche per essere plissettati.
Ancora in fase di sperimentazione, si tratta di un progetto di tre ingegneri di San Francisco, Joseph White, Marcus Foley e Aaron Rowley, che presto potrà diventare realtà e rappresentare la nuova frontiera dello shopping, oltre che del generale mondo della moda. Cosa manca affinché il progetto diventi realtà? Semplice, una cospicua porzione di denaro, motivo per cui i tre ingegneri hanno lanciato una campagna di raccolta fondi, al fine di finanziare il loro progetto, che al momento sembra essere molto vicino al traguardo. Solo altri diciannove giorni per riuscire a recuperare tutto l’utile e poter realizzare quella che è la loro grande idea. Una conquista, un sogno che si realizza, un nuovo approdo sia per la tecnologia che per la moda, ma probabilmente una grave sconfitta per l’artigianato. In questo la critica si divide.
Per molti stilisti questa novità ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, creando in loro un po’ di sano scetticismo e la nostalgia per quello che è da sempre il nostro artigianato, un settore di eccellenza per l’Italia. Qualità e particolari hanno sempre fatto la differenza perché in fondo la bellezza e la realizzazione nel vedere un capo creato interamente con le proprie mani, con tutta la cura e passione, non potranno essere sostituiti da una macchina. Molti, dunque, si dissociano, continuando a credere e ad avere fiducia in quella che è l’alta moda artigianale: un lavoro di creatività, continua ricerca e sperimentazione, al fine di dar vita ad un capo unico e speciale. Ormai, sempre più, il mondo delle grandi aziende manifatturiere ci propone capi in serie, stereotipati creando così un processo di omologazione. Ecco in cosa consiste il timore degli stilisti, che vedono in questo strumento una minaccia ancor più rilevante, ma soprattutto immediata.
Che la moda si stia proiettando verso una nuova e più moderna direzione è certo, ma che sia arrivato il momento di dire addio alla manifattura è ancora solo un’ipotesi, per altro non sufficientemente condivisa. Queste nuove macchine, secondo diversi stilisti, non possono rappresentare la nuova frontiera dell’alta moda. Queste potrebbero magari essere utili e apprezzate solo nell’ambito del pret-à-porter, oppure delle grandi città, dove la domanda supera di gran lunga la produzione. Nella “nuova” era, dove tutto sarà sempre più tecnologico e fast, probabilmente anche le macchine tessili non basteranno più e saranno sostituite da qualcosa di nettamente superiore.
Prevarrà la bellezza dell’artigianato, del capo creato con passione e dedizione o una vasta produzione tesa a soddisfare la crescente domanda e portatrice di omologazione? Stilisti, fashion addicted e amanti della modernità si dividono, lasciando aperta la questione.